Terapia Farmacologica

Gli psicofarmaci rappresentano un importante strumento nel trattamento dei disturbi psichiatrici e psicologici. La psicofarmacologia, allo stato attuale, non può prescindere dalla conoscenza approfondita dei meccanismi della neurotrasmissione , che ci consentono di comprendere il meccanismo d’azione delle sostanze psicotrope ed i loro effetti sui disturbi trattati. Per quanto l’efficacia dei farmaci psicotropi sui disturbi mentali sia di tutta evidenza, sono tuttavia ancora radicati nel pensiero comune, e spesso rafforzati da informazioni reperibili sul web, alcuni pregiudizi che possono generare nei pazienti disorientamento e diffidenza. Di questi, i più comuni sono:

  • Il timore o la convinzione che questi farmaci generino dipendenza;
  • L’idea che il disagio psichico debba essere affrontato con le proprie risorse e la forza di volontà;
  • Il timore che possano prodursi modificazioni irreversibili nel cervello, nelle emozioni e nel pensiero;
  • Il timore degli effetti collaterali .

In realtà, è dimostrato ampiamente che queste sostanze producono i loro effetti ripristinando nel cervello la disponibilità di specifiche sostanze (neurotrasmettitori), quindi riportando il funzionamento cerebrale alle condizioni precedenti la malattia, al pari di numerosi altri farmaci (si pensi all’insulina nel diabete). A riprova di questo, è noto come gli psicofarmaci non producano nessun effetto sul comportamento, i pensieri e le emozioni di soggetti sani. Quanto al pregiudizio che possano produrre dipendenza, questa è accertata solo per la categoria delle benzodiazepine, quando vengano somministrate per periodi prolungati , senza il controllo dello psichiatra, e sospese con modalità improprie. Riguardo agli effetti collaterali, si può affermare che nessun farmaco ne è esente, e occorre che in ogni singolo caso venga effettuata dallo specialista una opportuna ponderazione fra i rischi ed i benefici .Gli psicofarmaci dovrebbero essere sempre prescritti  e il trattamento dovrebbe essere sempre monitorato da medici psichiatri, che dovrebbero mantenere un contatto frequente con il paziente per rispondere a qualsiasi dubbio e valutare tempestivamente l’insorgenza di effetti avversi. Come per tutti i farmaci, vale la regola che impone che la prescrizione debba essere fatta in presenza di precisa indicazione, per il minor tempo possibile e alla dose minima efficace. L’uso di psicofarmaci deve essere evitato (o valutato dagli appositi Servizi “Farmaci e gravidanza”) nel corso del primo trimestre di gravidanza e nel caso di allattamento al seno. Negli anziani  occorre utilizzare dosi ridotte (di norma circa la metà della dose abituale). Nei pazienti affetti da patologie internistiche è buona norma iniziare con dosaggi ridotti, valutando successivi incrementi. La prescrizione di psicofarmaci non è da intendersi come una operazione meccanica effettuata a fronte di un elenco di sintomi, ma deve sempre avvenire all’interno di una relazione terapeutica.

Antipsicotici

Questa categoria di farmaci è impiegata in una ampia gamma di patologie: in primo luogo nelle diverse forme di psicosi, ma anche negli stati di scompenso di alcuni disturbi della personalità, nelle fasi maniacali del disturbo bipolare, nei disturbi cognitivi congeniti e acquisiti.Il loro meccanismo di azione consiste nella modulazione di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali, in particolare dopaminergico e serotoninergico. I sintomi su cui agiscono sono: i fenomeni dispercettivi (allucinazioni), i disturbi del pensiero (deliri), i fenomeni dissociativi, l’agitazione psicomotoria, il ritiro sociale, l’appiattimento affettivo. Le terapie con questi farmaci richiedono di solito di essere protratte a lungo, talora per tutta la vita, pur con dosaggi variabili in relazione alle fasi della malattia.

  1. Antipsicotici tipici o di prima generazione. Oggi poco utilizzati a causa dei loro effetti collaterali, comprendono fra gli altri: clorpromazina (il primo ad essere impiegato dopo la casuale scoperta della sua efficacia nei pazienti schizofrenici), promazina, perfenazina, flufenazina,aloperidoloclotiapinazuclopentixolo, amisulpiride, L-sulpiride.

Gli effetti collaterali comprendono:

  • Effetti neurologici. Possono essere ad insorgenza acuta (entro i primi 5 giorni di terapia), a prognosi benigna; a medio termine (entro il primo mese); o a lungo termine (dopo 2-3 anni di trattamento.
  • Effetti cardiovascolari. Si possono verificare: abbassamento della pressione sanguigna ortostatica (nel passaggio dalla posizione supina a quella eretta), e alterazioni elettrocardiogfrafiche.
  • Effetti ematologici: granulocitopenia transitoria.
  • Effetti sulla termoregolazione. Sindrome Maligna da Neurolettici: si tratta dell’effetto collaterale più grave e potenzialmente fatale, ad insorgenza acuta, caratterizzato da un brusco innalzamento della temperatura corporea, rigidità muscolare, confusione mentale, tachicardia, ipotensione.
  • Effetti endocrini. Consistono nell’aumento della prolattina, che si manifesta con riduzione della libido, alterazioni del ciclo mestruale fino all’ amenorrea, galattorrea, ginecomastia. E’ un effetto collaterale comunque reversibile.
  • Antipsicotici atipici o di seconda generazione.  Rappresentano oggi la categoria farmacologica di prima scelta, per la minore incidenza di effetti collaterali e la migliore tollerabilità. Il loro meccanismo di azione differisce in parte da quello degli antipsicotici tipici, da cui la denominazione di “atipici”.

Questa categoria di sostanze comprenderisperidone, paliperidone, olanzapina, quetiapina, aripiprazolo, ziprasidone. Per quanto meglio tollerati degli antipsicotici di prima generazione, non sono privi di effetti collaterali. Tra i più comuni, si riscontrano: incremento ponderale, sonnolenza, alterazioni metaboliche (iperglicemia, ipercolesterolemia), alterazioni elettrocardiografiche, iperprolattinemia. Inoltre, possono raramente causare la Sindrome Maligna da Neurolettici. Rientra in questa categoria la clozapina, farmaco utilizzato in caso di mancata risposta o scarsa tolleranza ai farmaci descritti precedentemente. Pur essendo in assoluto il più efficace fra tutti gli antipsicotici disponibili, richiede tuttavia uno stretto monitoraggio per la possibilità di causare granulocitopenia che può evolvere in agranulocitosi ( diminuzione dei granulociti neutrofili). Occorre pertanto effettuare un emocromo con frequenza settimanale per le prime 18 settimane di terapia, poi con frequenza mensile per tutta la durata del trattamento. La sospensione del farmaco è necessaria se il valore dei neutrofili scende al di sotto dei 1500/ml.Di alcuni di questi farmaci (olanzapina, paliperidone, aripiprazolo, risperidone) sono disponibili preparazioni iniettabili a lunga azione (LAI, Long Acting Injection), che consentono somministrazioni mensili  o due volte al mese per via intramuscolare.

Antidepressivi

I farmaci appartenenti a questa categoria trovano il loro impiego nel trattamento dei disturbi dell’umore di tipo depressivo e nel disturbo distimico. Quelli a prevalente azione sui sistemi serotoninergici risultano efficaci inoltre in molti disturbi d’ansia, nel Disturbo da Attacchi di Panico, nel Disturbo Ossessivo Compulsivo, nel Disturbo Post-Traumatico da Stress, nella Fobia Sociale, nel Disturbo d’Ansia Generalizzato.

  1. Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI). Rappresentano ad oggi la prima scelta nel trattamento dei disturbi depressivi, in quanto efficaci, sicuri, ben tollerati. Gli SSRI comprendono: fluoxetina, paroxetina, sertralina, fluvoxamina, citalopram, escitalopram. Risultano efficaci, oltre che nei disturbi depressivi, anche nel DAP, nel DOC, nel PTSD, nel GAD, nella Fobia Sociale.La Fluoxetina è efficace anche nel trattamento della bulimia nervosa. Il loro meccanismo di azione consiste nella inibizione della ricaptazione della serotonina a livello sinaptico, aumentandone la disponibilità. La loro azione terapeutica si manifesta dopo 3-5 settimane di terapia; gli effetti collaterali, generalmente lievi e transitori, comprendono: ansia, disturbi gastroenterici, cefalea, vertigini, disfunzioni sessuali. La sospensione brusca può indurre vertigini, nausea, cefalea, insonnia.
  2. Antidepressivi Serotoninergici/Noradrenergici (SNRI). A questo gruppo appartengono: venlafaxina e duloxetina. A differenza degli antidepressivi serotoninergici, il periodo di latenza è generalmente breve (1-2 settimane). Risultano generalmente ben tollerati; gli effetti collaterali più frequenti sono: nausea, ridotta salivazione, vertigini, ansia, disfunzioni sessuali. Si può verificare, con elevati dosaggi e in soggetti predisposti, un incremento dei valori pressori. A questo gruppo appartiene anche la mirtazapina, che non determina disfunzioni della sfera sessuale né effetti collaterali gastrointestinali, ma può indurre incremento ponderale e sonnolenza.
  3. Antidepressivi Triciclici. Sono stati i primi ad essere introdotti nel trattamento dei disturbi depressivi; attualmente sono meno utilizzati per i loro effetti collaterali e per le controindicazioni in diverse patologie organiche (glaucoma, cardiopatie, ipertrofia prostatica, epilessia ). Tra questi, si ricordano: imipramina, amitriptilina, clorimipramina, desipramina, trimipramina .  Gli effetti collaterali più comuni sono: secchezza della bocca, ridotta motilità intestinale (stipsi), ipotensione ortostatica, ritenzione urinaria, tremori, disturbi cardiaci, aumento ponderale, disturbi della sfera sessuale.
  4. Antidepressivi Dopaminergici. Il loro meccanismo di azione consiste in un potenziamento della trasmissione dopaminergica, quando utilizzati a basso dosaggio. Comprendono: Amisulpiride e L-Sulpiride. Sono impiegati nel Disturbo Distimico e, anche in associazione con altri AD, nelle forme depressive con componente ansiosa e somatizzazioni. Un limite nel loro utilizzo è rappresentato dall’aumento (reversibile) dei livelli plasmatici di prolattina, che può essere asintomatico o accompagnato da abbassamento della libido, amenorrea, galattorrea, ginecomastia, impotenza.
  5. Antidepressivi Inibitori delle Monoaminoossidasi (IMAO). Attualmente poco o non utilizzati in quanto poco maneggevoli: è infatti necessario, in corso di terapia con questi composti, osservare particolari restrizioni alimentari . L’assunzione di cibi ricchi di tiramina, come formaggi stagionati, alcolici, carne e pesce essiccati , può causare crisi ipertensive potenzialmente fatali. Le restrizioni alimentari vanno protratte per almeno due settimane dopo la sospensione del farmaco. Gli IMAO possono interagire anche con altri farmaci, dando luogo a reazioni avverse.
  6. Antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della noradrenalina (NARI) reboxetina.
  7. Antidepressivi inibitori del reuptake della serotonina e antagonisti dei recettori 5-HT2 (SARI) trazodone.
  8. Antidepressivi inibitori del reuptake della noradrenalina e della dopamina (NDRI), bupropione.

Stabilizzatori dell’umore

Questa categoria farmacologica trova la sua indicazione nel trattamento del Disturbo Bipolare. Gli stabilizzatori dell’umore possono essere utilizzati  nel trattamento degli episodi maniacali , misti o depressivi del disturbo bipolare; possono inoltre prevenire nuovi episodi se usati a lungo termine. Alcuni svolgono entrambe le funzioni, ossia trattare gli episodi acuti e prevenire le ricadute.

  1. Sali di Litio. E’ stato il primo farmaco utilizzato come stabilizzatore dell’umore, rivelandosi efficace nel trattare gli episodi maniacali e depressivi del disturbo bipolare e nel prevenire le ricadute. La terapia a lungo termine riduce il numero, l’intensità e la durata degli episodi acuti. La terapia con litio richiede  accurati controlli di alcuni parametri ematochimici e cardiologici da effettuarsi prima di iniziare il trattamento: elettrocardiogramma, elettroliti plasmatici, emocromo, funzionalità renale e tiroidea. Durante il trattamento è necessario monitorare la concentrazione di litio nel sangue per mantenere costanti i valori terapeutici (0,4-1,2 mEq/litro), con maggiore frequenza (una volta alla settimana) nei primi due mesi di terapia, poi una volta al mese per 6-8mesi e successivamente ogni 2-3mesi. Periodicamente è consigliabile ripetere gli accertamenti ematochimici e cardiologici. La tossicità del litio si manifesta con valori di litiemia superiori a 1,5-2 mEq/litro, con sintomi quali vertigini, tremori, visione offuscata, nausea, confusione mentale. Particolare attenzione ai valori della litiemia occorre prestare in caso di febbre, assunzione di farmaci diuretici, dissenteria, situazioni che possono determinarne un pericoloso innalzamento.  I principali effetti collaterali della terapia con Sali di litio sono rappresentati da: disturbi gastrointestinali, fini tremori agli arti superiori, poliuria e polidipsia, alterazioni elettrocardiografiche, alterazioni della funzionalità tiroidea e renale, incremento ponderale.
  2. Acido Valproico. Si tratta di un farmaco anticonvulsivante utilizzato anche come stabilizzatore dell’umore di prima scelta. Risulta efficace nel trattamento degli episodi maniacali (con efficacia più rapida del litio) e nella prevenzione delle ricadute; non ha invece effetti nella prevenzione degli episodi depressivi del disturbo bipolare. Risulta solitamente ben tollerato e sicuro. Gli effetti indesiderati più comuni sono: disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), tremori, sonnolenza, incremento ponderale, perdita dei capelli. Può raramente determinare effetti tossici a livello epatico e pancreatico; per tale ragione è necessario effettuare periodicamente esami ematochimici che valutino la funzionalità di questi organi.
  3. Carbamazepina. Si tratta di un farmaco antiepilettico efficace nel trattamento della mania in fase acuta e nella prevenzione degli episodi maniacali del Disturbo Bipolare. L’effetto antimaniacale è solitamente rapido e si manifesta nella prima settimana di trattamento. Risulta  ben tollerato, determinando raramente disturbi gastrointestinali; non induce aumento di peso. Raramente può determinare gravi effetti collaterali a carico delle cellule bianche del sangue (agranulocitosi ed anemia aplastica), epatite e gravi problemi dermatologici. E’ necessario, durante la terapia, effettuare controlli dei parametri ematici.
  4. Lamotrigina. Si tratta di un farmaco antiepilettico che risulta efficace nella prevenzione degli episodi depressivi del Disturbo Bipolare. Generalmente è ben tollerato, ma il dosaggio va incrementato con estrema prudenza poiché può determinare gravi effetti cutanei. Occorre contattare subito il medico in caso di  eruzione o arrossamento cutaneo , orticaria, prurito, ulcere cutanee, gonfiore del viso.

Ansiolitici e ipnoinducenti

Appartengono a questo gruppo le Benzodiazepine (BDZ) e gli ipnotici non benzodiazepinici. Occorre ricordare che l’effetto ansiolitico e/o ipnoinducente può essere ottenuto anche con altri farmaci, quali antipsicotici, antistaminici, antidepressivi.

  1. Benzodiazepine (BDZ). In relazione al dosaggio, le BDZ possono avere effetto sedativo (riduzione dell’ansia e dell’agitazione psicomotoria), o ipnotico (induzione e mantenimento del sonno). Si tratta della categoria farmacologica più prescritta al mondo, ma anche della più controversa per la possibilità di indurre comportamenti di abuso, tolleranza (necessità si assumere dosi sempre più alte  per ottenere lo stesso effetto) e dipendenza(necessità di assumere costantemente la sostanza per evitare l’insorgenza di una sindrome da astinenza, soprattutto in caso di sospensione brusca). La sindrome di astinenza da sospensione si manifesta con ansia, irritabilità, tremori, crampi, sudorazione, vertigini. Per evitare l’insorgenza di tolleranza e dipendenza le BDZ dovrebbero essere assunte per brevi periodi, sotto il controllo dello specialista e sospese gradualmente. Le BDZ possono essere classificate variamente; qui viene adottata una classificazione basata sulla prevalente indicazione clinica.
  2. Benzodiazepine a prevalente uso ansioliticodiazepam, clordemetildiazepam, lorazepam, prazepam,alprazolam, bromazepam, clonazepam.
  3.  Benzodiazepine a prevalente uso ipnotico: lormetazepam, triazolam, flurazepam.

L’effetto indesiderato più comune è la sonnolenza, ed è per questo che occorre fare attenzione nella guida di veicoli e nell’uso di macchinari pericolosi. Tale effetto può essere potenziato dalla contemporanea assunzione di altri psicofarmaci o alcol, e può aggravarsi fino alla depressione respiratoria. Devono essere utilizzate con prudenza nella popolazione anziana, per la possibile insorgenza di incoordinazione motoria e vertigini, con conseguente rischio di cadute. La buona regola è di evitare o ridurre il dosaggio delle BDZ in pazienti alcolisti, epatopatici, anziani, tossicodipendenti, pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e apnee notturne. Lo specialista deve sempre valutare la possibilità di trattare ansia e insonnia con altre categorie farmacologiche e/o terapia cognitivo-comportamentale e tecniche di rilassamento.

   2. Ipnotici non benzodiazepinici . Sono farmaci ad azione molto selettiva, con scarsi effetti   collaterali e scarsa capacità di indurre tolleranza o sintomi astinenziali alla sospensione. Tra questi, i più comunemente impiegati sono: zolpidem, zopiclone, zaleplon.

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